La parola di venerdì 6 gennaio Epifania
Dal libro del profeta Isaìa Così dice il Signore: «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta;proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà,finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».Rit: Il Signore benedirà il suo popolo con la pace.
Dagli Atti degli Apostoli In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui».
Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
La scena grandiosa del battesimo di Gesù, con il cielo squarciato, con il volo ad ali aperte dello Spirito sulle acque del Giordano, con la dichiarazione d’amore di Dio, è accaduta anche al mio battesimo e accade ancora a ogni quotidiana ripartenza. La Voce, la sola che suona in mezzo all’anima, ripete a ciascuno: tu sei mio figlio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento. Parole che ardono e bruciano: figlio mio, amore mio, gioia mia. Figlio è la prima parola. Figlio è un termine potente sulla terra, potente per il cuore umano. E per la fede. Dio genera figli secondo la propria specie, e io e tu, noi tutti abbiamo il cromosoma del genitore nelle nostre cellule, il Dna divino in noi. Amato è la seconda parola. Prima che tu agisca, prima che tu dica «sì», che tu lo sappia o no, ogni giorno, ad ogni risveglio, il tuo nome per Dio è «amato». Di un amore che ti previene, che ti anticipa, che ti avvolge a prescindere da ciò che oggi sarai e farai. Amato, senza se e senza ma. La salvezza deriva dal fatto che Dio mi ama, non dal fatto che io amo lui. E che io sia amato dipende da Dio, non dipende da me! Per fortuna, vorrei dire; o, meglio, per grazia! Ed è questo amore che entra, dilaga, avvolge e trasforma: noi siamo santi perché amati. La terza parola: Mio compiacimento. La Voce grida dall’alto del cielo, grida sul mondo e in mezzo al cuore, la gioia di Dio: è bello con te, figlio mio; tu mi piaci; stare con te mi riempie di gioia. La potenza del battesimo è detta con il simbolo vasto delle acque che puliscono, dissetano, rinfrescano, guariscono, fanno germogliare i semi; con lo Spirito che, insieme all’acqua, è la prima di tutte le presenze nella Bibbia: «Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque» (Genesi). Una danza dello Spirito sulle acque è il primo movimento della storia. Da allora lo Spirito e l’acqua sono legati a ogni genesi, a ogni nascita, a ogni battesimo, a ogni vita che sgorga. Noi pensiamo al rito del battesimo come a qualche goccia d’acqua versata sul capo del bambino. La realtà è grandiosa: nella sua radice battezzare significa immergere: «Siamo immersi in un oceano d’amore e non ce ne rendiamo conto». Io sono immerso in Dio e Dio è immerso in me; io nella Sua vita, Lui nella mia vita; «stringimi a te, stringiti in me». Sono dentro Dio, come dentro l’aria che respiro, dentro la luce che mi bacia gli occhi; immerso in una sorgente che non verrà mai meno, inabissato in un grembo vivo che nutre, fa crescere e protegge: battezzato.CATECHESI PAPA: Non temere di condividere la propria fragilità. Il Papa entra nel tema affermando che l’accompagnamento spirituale è “importante anzitutto per la conoscenza di sé”, che è “una condizione indispensabile per il discernimento”. “Guardarsi allo specchio, da soli, non sempre aiuta” perchè un altro ti dice quella verità che noi magari non vediamo. E’ essenziale soprattutto “farsi conoscere”, anche nelle proprie fragilità: La fragilità è, in realtà, la nostra vera ricchezza, noi siamo ricchi in fragilità, tutti, la vera ricchezza che dobbiamo imparare a rispettare e ad accogliere, perché, quando viene offerta a Dio, ci rende capaci di tenerezza, di misericordia, di amore. Guardati dalle persone che non si sentono fragili: sono dure, dittatoriali. Invece, le persone che con umiltà riconoscono le proprie fragilità: sono più, più comprensive con gli altri. La fragilità – io posso dire – ci rende umani. Non a caso, la prima delle tre tentazioni di Gesù nel deserto – quella legata alla fame – cerca di rubarci la fragilità, presentandocela come un male di cui sbarazzarsi, un impedimento a essere come Dio. E invece è il nostro tesoro più prezioso: infatti Dio, per renderci simili a Lui, ha voluto condividere fino in fondo la nostra fragilità.
I colloqui liberanti di Gesù nel Vangelo Un aiuto offerto dall’accompagnamento spirituale è la possibilità di “smascherare equivoci anche gravi nella considerazione di noi stessi e nella relazione con il Signore”. E ricorda quante volte il Vangelo riferisce colloqui fatti da Gesù che diventano esperienza di liberazione e di salvezza per l’altro … Raccontare di fronte a un altro ciò che abbiamo vissuto o che stiamo cercando aiuta a fare chiarezza in noi stessi, portando alla luce i tanti pensieri che ci abitano, e che spesso ci inquietano con i loro ritornelli insistenti. Quante volte, in momenti bui, ci vengono pensieri così: “Ho sbagliato tutto, non valgo niente, nessuno mi capisce, non ce la farò mai, sono destinato al fallimento”, quante volte ci è venuto da pensare queste cose. Pensieri falsi e velenosi, che il confronto con l’altro aiuta a smascherare, così che possiamo sentirci amati e stimati dal Signore per come siamo, capaci di fare cose buone per Lui.
Si va avanti se non si cammina da soli: chi fa accompagnamento “non si sostituisce al Signore”, nè alla persona accompagnata, ma “cammina al suo fianco”, incoraggiandola a leggersi dentro. Ma l’accompagnamento porta frutti se si vive la “figliolanza e la fratellanza spirituale”, se non si è soli, ma “inseriti in una comunità”: Non siamo soli, siamo gente di un popolo… di una parrocchia, di questo gruppo … una comunità in cammino. Non si va al Signore da soli: questo non va. Dobbiamo capirlo bene. Come nel racconto evangelico del paralitico, spesso siamo sostenuti e guariti grazie alla fede di qualcun altro che ci aiuta ad andare avanti (…) altre volte siamo noi ad assumerci tale impegno a favore di un altro fratello o di una sorella, e siamo accompagnatori per aiutare quell’altro. Senza esperienza di figliolanza e di fratellanza l’accompagnamento può dare adito ad attese irreali, a equivoci, a forme di dipendenza che lasciano la persona allo stato infantile. No: accompagnamento, ma come figli di Dio e fratelli con noi.
L’esempio di Maria Maestra di discernimento è la Vergine Maria, che “parla poco, ascolta molto e custodisce nel cuore”. Lei indica sempre Gesù, e le sue parole: “Fate quello che vi dirà” sono una consegna per tutti i cristiani: Fare quello che Gesù ci dice. Così è la Madonna. Maria sa che il Signore parla al cuore di ciascuno, e chiede di tradurre questa parola in azioni e scelte. Lei ha saputo farlo più di ogni altro.
La voce del Signore ci dice: non temere Francesco conclude la sua riflessione sottolineando che “il discernimento è un’arte” che si può imparare per crescere spiritualmente e soprattutto è “un dono di Dio” da chiedere sempre: “Signore, dammi la grazia di discernere nei momenti della vita, cosa devo fare, cosa devo capire. Dammi la grazia di discernere, e dammi la persona che mi aiuti a discernere”. Il Signore, afferma il Papa, ci incoraggia e ci sostiene, quante volte nel Vangelo leggiamo le parole di Gesù: “non temere” o “non abbiate paura”: “Non temere!”, ripete anche a noi il Signore oggi; “non temere”: se ci fidiamo della sua parola, giocheremo bene la partita della vita, e potremo aiutare altri. Come dice il Salmo, la sua Parola è lampada ai nostri passi e luce sul nostro cammino.