La Parola della Domenica 6 novembre

La Parola della Domenica 6 novembre

Dal secondo libro dei Maccabèi In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri». [E il secondo,] giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene. Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, disse Gesù ad alcuni sadducèi, i quali dicono che non c’è risurrezione: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».I sadducei si cimentano in un apologo paradossale, quello di una donna sette volte vedova e mai madre, per mettere alla berlina la fede nella risurrezione. Lo sappiamo, non è facile credere nella vita eterna. Forse perché la immaginiamo come durata anziché come intensità. Tutti conosciamo la meraviglia della prima volta: la prima volta che abbiamo scoperto, gustato, visto, amato… poi ci si abitua. L’eternità è non abituarsi, è il miracolo della prima volta che si ripete sempre. La piccola eternità in cui i sadducei credono è la sopravvivenza del patrimonio genetico della famiglia, così importante da giustificare il passaggio di quella donna di mano in mano, come un oggetto: «si prenda la vedova… Allora la prese il secondo, e poi il terzo, e così tutti e sette». In una ripetitività che ha qualcosa di macabro. Neppure sfiorati da un brivido di amore, riducono la carne dolorante e luminosa, che è icona di Dio, a una cosa da adoperare per i propri fini. «Gesù rivela che non una modesta eternità biologica è inscritta nell’uomo ma l’eternità stessa di Dio». Che cosa significa infatti la «vita eterna» se non la stessa «vita dell’Eterno»? Ed ecco: «poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio», vivono cioè la sua vita. Alla domanda banale dei sadducei Gesù contrappone un intero mondo nuovo: quelli che risorgono non prendono né moglie né marito. Gesù non dice che finiranno gli affetti e il lavoro gioioso del cuore. Anzi, l’unica cosa che rimane per sempre, ciò che rimane quando non rimane più nulla, è l’amore. I risorti non prendono moglie o marito, e tuttavia vivono la gioia, umanissima e immortale, di dare e ricevere amore: su questo si fonda la felicità di questa e di ogni vita. Perché amare è la pienezza dell’uomo e di Dio. I risorti saranno come angeli. Come, biblicamente, annuncio di Dio (Gabriele), forza di Dio (Michele), medicina di Dio (Raffaele)? Occhi che vedono Dio faccia a faccia? Il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Dio non è Dio di morti, ma di vivi. In questa preposizione «di», ripetuta cinque volte, in questa sillaba breve come un respiro, è inscritto il nodo indissolubile tra noi e Dio. Così totale è il legame reciproco che Gesù non può pronunciare il nome di Dio senza pronunciare anche quello di coloro che Egli ama. Il Dio che inonda di vita anche le vie della morte ha così bisogno dei suoi figli da ritenerli parte fondamentale del suo nome, di se stesso: «sei un Dio che vivi di noi» .
APOSTOLATO DELLA PREGHIERA NOVEMBRE “Ci sono ancora milioni di bambini e bambine che soffrono e vivono in condizioni molto simili alla schiavitù”. È la costatazione con cui il Papa dà inizio al suo videomessaggio che, attraverso la Rete Mondiale di Preghiera del Papa, indica a tutta la Chiesa cattolica la particolare intenzione su cui concentrare la preghiera nel mese di novembre.  I piccoli non sono numeri, sono esseri umani “Non sono numeri: sono esseri umani con un nome, con un volto proprio, con un’identità che Dio ha dato loro. Troppo spesso dimentichiamo la nostra responsabilità e chiudiamo gli occhi di fronte allo sfruttamento di questi bambini, che non hanno il diritto di giocare, di studiare, di sognare. Non hanno neanche il calore di una famiglia”. Un grido che si eleva a Dio Francesco mette in evidenza che ci sono precise responsabilità dietro alla drammatica situazione di questi bimbi dimenticati, che sperimentano ogni giorno il rifiuto, l’indigenza, la povertà e conflitti di ogni tipo, senza avere possibilità di crescita e di sviluppo e senza accesso ai diritti più elementari: Ogni bambino emarginato, abbandonato dalla sua famiglia, senza istruzione, senza assistenza medica, è un grido! Un grido che si eleva a Dio e denuncia il sistema che noi adulti abbiamo costruito. Un bambino abbandonato è colpa nostra Il diritto di studiare, sognare e sentire l’affetto di una famiglia Francesco rivolge un appello perchè ci sia una reale presa di coscienza delle condizioni estreme in cui vivono questi bambini e bambine nel mondo. “Non possiamo più permettere che si sentano soli e abbandonati: devono ricevere un’educazione e sentire l’amore di una famiglia, per sapere che Dio non li dimentica”. Ecco allora l’invito alla preghiera: Preghiamo perché i bambini e le bambine che soffrono – quelli che vivono in strada, le vittime delle guerre, gli orfani – possano avere accesso all’educazione e possano riscoprire l’affetto di una famiglia Le cifre della sofferenza dei piccoli secondo l’UNICEF un miliardo di minori in tutto il mondo vive in una condizione di povertà multidimensionale che significa non aver accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria, a una casa, all’alimentazione o all’acqua, e stima che 153 milioni di bambini siano orfani. Da parte sua, l’Onu ha reso noto di recente che “alla fine dello scorso anno, più di 450 milioni di bambini – uno su sei – vivevano in una zona di conflitto, il numero più alto degli ultimi 20 anni. Un’altra cifra record, 36 milioni e mezzo di bambini, riguarda poi quelli sfollati dalle proprie case come conseguenza di conflitti, violenza e altre crisi”. ascoltiamo il grido dei bambini Il direttore Internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, ha commentato: “Di fronte a tanta sofferenza di bambini e bambine nel mondo, a cui sono stati rubati l’infanzia, i giochi e i sogni, cosa possiamo fare? In mezzo a tante crisi impreviste, come quella della nostra casa comune in fiamme, il Covid-19, la guerra e la sua escalation, la crisi economica, quante sono le pandemie invisibili? Questo mese, Francesco ci fa aprire gli occhi, le orecchie e il cuore su milioni di bambini e bambine dimenticati, che soffrono in silenzio per le strade, in lavori oscuri, vittime della violenza e della guerra, migranti e rifugiati. Di fronte all’indifferenza o all’impotenza possiamo pregare”.  “Pregare è accendere una luce nella notte”, “Pregare ci fa uscire dall’indifferenza, la preghiera si trasforma in azione”.

4 novembre 2022, parrocchiadiprestino