La Parola della Domenica 26 marzo
DALLA PAROLA DELLA DOMENICA PER RIFLETTERE INSIEME
Il Vangelo di questa domenica ci assicura che Dio non si rassegna davanti alle nostre tombe. È vero, la vita, senza il Signore, diventa un sepolcro, proprio come dicono sia Marta che Maria, la sorelle di Lazzaro, ripetendo la stessa frase a Gesù: «se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto» (Gv 11,21 e 32). Sì, la vita diventa un sepolcro quando non è abitata da Dio. La vita si spegne quando Gesù è lontano. Tutti ci troviamo nella condizione di Lazzaro, il cui nome significa Dio aiuta. La chiave per comprendere questo testo di Giovanni si trova infatti nelle parole che i messaggeri, mandati da Marta e Maria, portano a Gesù: «Colui che tu ami, è malato». Siamo noi. Sono io colui che Gesù ama e che è malato. Questa è la realtà di ciascuno di noi. Gesù non si rassegna davanti a questa malattia e viene in quel mondo che è Betania, nome significativo anche in questo caso, perché vuol dire casa della sofferenza. In questo mondo, che è la casa della sofferenza, Gesù viene a svegliarmi. Entrare nella sofferenza di un altro per guarirlo ha sempre un prezzo. Nel testo infatti i discepoli sono meravigliati di questa iniziativa di Gesù, perché vuole tornare in Giudea dove hanno appena cercato di lapidarlo. Gesù è disposto ad affrontare la morte per salvare l’amico: questo è l’amore! Del resto, poco più avanti, nel Vangelo di Giovanni, Gesù stesso dirà: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Gesù toglie la pietra pesante che sta schiacciando la nostra vita. Apre i nostri sepolcri, ma siamo noi che dobbiamo avere il coraggio di uscire e di affrontare la realtà. Questo cammino di liberazione non è immediato: Lazzaro ha i piedi e le mani legate dalle bende. Dio si serve di mediazioni: chiede ad altri di sciogliere quei legami. Forse anche noi siamo chiamati ad accogliere queste mediazioni nella nostra vita o a diventare mediazione per altri, portando libertà e speranza.