La Parola della Domenica 18 dicembre

La Parola della Domenica 18 dicembre

O Dio, Padre buono, che hai rivelato la gratuità e la potenza del tuo amore nel silenzioso farsi carne del Verbo nel grembo di Maria, donaci di accoglierlo con fede nell’ascolto obbediente della tua parola.
Dal libro del profeta Isaìa In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».
Ecco, viene il Signore, re della gloria.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!
Dal Vangelo secondo Matteo Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.Tra i testimoni che ci accompagnano al Natale appare Giuseppe, il mite che parla amando. Dopo l’ultimo profeta dubbioso, Giovanni Battista, un altro credente, un giusto anche lui dubbioso e imperfetto, l’ultimo patriarca di una storia mai semplice e lineare. Giuseppe che non parla mai, silenzioso e coraggioso, concreto e sognatore: le sorti del mondo sono affidate ai suoi sogni. E lì sono al sicuro, perché l’uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio. La sua casa è pronta, il matrimonio è già contratto, la ragazza abita i suoi pensieri, tutto racconta una storia d’amore vero con Maria. Ma Maria si trovò incinta e Giuseppe pensò di ripudiarla in segreto, insieme a quel figlio non suo. L’uomo “tradito” cerca comunque un modo per salvare la sua ragazza che rischia la vita come adultera; il giusto “ingannato” non cerca ritorsioni contro di lei, vuole ancora proteggerla, perché così fa chi ama. Ripudiarla… Ma Giuseppe è insoddisfatto della decisione presa. Si dibatte dentro un conflitto emotivo e spirituale: da un lato l’obbligo di denuncia e dall’altro la protezione della donna amata. A metà strada tra l’amore per la legge di Mosè: toglierai di mezzo a te il peccatore (cfr Dt 22,22), e l’amore per la ragazza di Nazaret. E accade un secondo imprevisto, bello e sorprendente. Giuseppe ha un sogno, in cui il volto di Maria si mescola a quello degli angeli. Prima decide, poi arriva da Dio un sogno, arriva solo dopo, senza esimerlo dalla fatica e dalla libertà: “Non temere di prendere con te Maria”. Tu vuoi già prenderla con te, solo che hai paura. Non temere di amarla, Giuseppe, chi ama non sbaglia. Dio non interviene a risolvere i problemi con una bacchetta magica, non ci salva dai conflitti ma è con noi dentro i problemi, e opera in sinergia con la nostra testa e il nostro cuore,con l’intelligenza e l’empatia, ma insieme anche con la nostra capacità di immaginare e di ipotizzare soluzioni nuove. È l’arte divina dell’accompagnamento, che cammina al passo con noi, verso l’unica risposta possibile: proteggere delle vite con la propria vita. Da chi ha imparato Gesù a ribaltare la legge antica, a mettere la persona prima delle regole, se non ascoltando da Giuseppe il racconto di come si sono conosciuti con Maria, di come è stato il loro fidanzamento e poi il matrimonio, ai figli piace sentire queste storie. Da chi ha capito il piccolo Gesù che l’amore viene prima di tutto, che è sempre un po’ fuorilegge? Maria e Giuseppe, poveri di tutto, ma Dio non ha voluto che fossero poveri d’amore,perché sarebbero stati poveri di Lui.
Per la sua 12ma catechesi sul discernimento il Papa sceglie il tema della vigilanza, dopo aver parlato nelle scorse settimane dell’esempio di Sant’Ignazio di Loyola, degli “elementi del discernimento – cioè la preghiera, conoscere sé stessi, il desiderio e il ‘libro della vita’” – della desolazione e della consolazione.
Il buon discepolo è vigilante: “Giunti alla conferma della scelta fatta”, c’è il rischio che “il Maligno, possa rovinare tutto, facendoci tornare al punto di partenza, anzi, in una condizione ancora peggiore”; e allora “è indispensabile essere vigilanti” affinché “il processo di discernimento vada a buon fine e rimanga”. Nella sua predicazione Gesù insiste molto sul fatto che il buon discepolo è vigilante, non si addormenta, non si lascia prendere da eccessiva sicurezza quando le cose vanno bene, ma rimane attento e pronto a fare il proprio dovere: è questo “l’atteggiamento ordinario da tenere nella condotta di vita, in modo che le nostre buone scelte, compiute a volte dopo un impegnativo discernimento, possano proseguire in maniera perseverante e coerente e portare frutto”. “Vigilare per custodire il nostro cuore e capire cosa succede dentro”. L’insidia dello spirito cattivo: Se manca la vigilanza, c’è un pericolo di ordine spirituale di cui tener conto: è l’“insidia dello spirito cattivo”, che aspetta il momento in cui “siamo troppo sicuri di noi stessi”: “Sono sicuro di me stesso, ho vinto, adesso sto bene”. E invece è quel momento che lo spirito maligno aspetta. Capita che ci si distrae, non si è desti o si perde “l’umiltà di custodire il proprio cuore” e allora “lo spirito cattivo può approfittarne” vanificando le buone decisioni scaturite dal discernimento. Dobbiamo custodire sempre la nostra casa, il nostro cuore e non essere distratti La presunzione di essere a posto: Quella condizione interiore paragonabile ad una casa bella, elegante, ordinata e pulita, “la casa del cuore”, dopo un buon discernimento, può essere danneggiata se non la si custodisce, se per paura di rovinarla si finisce col non accogliere più nessuno, non invitare “i poveri, i senza tetto, quelli che disturbano”. Una cosa è certa: qui c’è di mezzo il cattivo orgoglio, la presunzione di essere giusti, di essere bravi, di essere a posto. Tante volte sentiamo uno: “Sì, io ero cattivo prima, mi sono convertito e adesso, ora la casa è in ordine grazie a Dio, e stai tranquillo per questo…”. Quando confidiamo troppo in noi stessi e non nella grazia di Dio, allora il Maligno trova la porta aperta. Allora organizza la spedizione e prende possesso di quella casa. I “demoni educati”: Ci sono “i demoni educati” che entrano nel cuore senza che il padrone se ne accorga.   Entrano senza che tu te ne accorga, bussano alla porta, sono cortesi. “No va bene, vai, vai, entra…” e poi alla fine comandano loro nella tua anima. … Custodire la casa da questo inganno, dei demoni educati. E la mondanità spirituale va per questa strada, sempre. La mancanza di vigilanza porta ad essere vinti nelle battaglie; “tante volte, forse, il Signore ha dato tante grazie”, ma “non siamo capaci di perseverare in questa grazia e perdiamo tutto, perché ci manca la vigilanza”. Non abbiamo custodito le porte. E poi siamo stati ingannati da qualcuno che viene, educato, e si mette dentro e ciao…il diavolo ha queste cose. Il demonio sa travestirsi da angelo: occorre ripensare alla propria storia personale, perchè “non basta fare un buon discernimento e compiere una buona scelta”, “bisogna custodire questa grazia che Dio ci ha dato e vigilare”. Perché tu puoi dirmi: “Ma quando io vedo qualche disordine, me ne accorgo subito che è il diavolo, che è una tentazione…” sì, ma questa volta viene travestita da angelo: il demonio sa travestirsi da angelo, entra con parole cortesi, e ti convince e alla fine è la cosa peggiore dall’inizio… Bisogna rimanere vigilanti, vigilare il cuore. Se io domandassi oggi ad ognuno di noi e anche a me stesso: “Cosa sta succedendo nel tuo cuore?”. Forse non sapremo dire tutto: diremo una o due cose, ma non tutto. La vigilanza segno di umiltà: A conclusione della sua catechesi, Francesco esorta ancora a vigliare il cuore, “perché la vigilanza è segno di saggezza, è segno soprattutto di umiltà”, “che è la via maestra della vita cristiana”.

15 dicembre 2022, parrocchiadiprestino