La Parola della Domenica 4 dicembre

La Parola della Domenica 4 dicembre

O Padre, che hai fatto germogliare sulla terra il Salvatore e su di lui hai posto il tuo Spirito, suscita in noi gli stessi sentimenti di Cristo,perché portiamo frutti di giustizia e di pace.
Dal libro del profeta Isaìa In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca,con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia.La sua dimora sarà gloriosa.
Rit: Vieni, Signore, re di giustizia e di pace.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Fratelli, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza. E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. Dico infatti che Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto: «Per questo ti loderò fra le genti e canterò inni al tuo nome».Dal Vangelo secondo Matteo In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaìa quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».Era l’ultima speranza di un popolo disperato: tra tutti, nessun popolo ha mai avuto tante avvisaglie come Israele. Del numero di profeti a lui mandati, si è perduto presto il conteggio. Quella dei profeti e dei precursori, tra l’altro, è per davvero una triste storia: sanno ma non vedranno, preparano il trono ma non vi sederanno. Forse per questo sono feroci: sanno d’essere voce di una presenza, non la presenza stessa. Nessuna traccia d’invidia, dunque: semplicemente l’urgenza di chi intravede, nelle fessure della storia, ciò che la folla ancora non è capace di scorgere: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Che è come dire: “Voltatevi, gente: non vi accorgete che sta passando colui che tutti stiamo attendendo?”. Sono uomini, i profeti, dallo sguardo tagliente, attento, focoso. A loro, per grazia, capita come quando una persona ti manca assai e tu la vedi dappertutto. Sono deliri-di-onnipresenza, più che di onnipotenza: perché se la distanza è solo un problema di geometria, l’assenza – anche l’assenza di Dio – non si risolve con nessuna equazione. Per il Cielo, dopo millenni di evidenti certezze, il modo migliore per dire all’uomo “mi manchi” è farsi trovare sotto casa, cuore-a-cuore, nel gesto delicato di chi chiede permesso: «Razza di vipere, Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente?». Il Battista mica lo potevano capire, era come il sole a mezzogiorno: troppo forte per occhi deboli, troppo diritto per un’anima storta come quella di Erode. Succede sempre così, anche al Cristo Nazareno: la luce del mondo era troppo forte per delle menti assuefatte al lume delle candele. Perché invitare l’umano alla conversione, è come invitarlo ad assistere ad una lezione-sulla-mancanza: la mancanza è un vuoto dalle dimensione esatte, è inutile riempirlo di altra roba. Si riempirà solo con quel pezzo che s’incastra alla perfezione: dunque, «fate un frutto degno della conversione». Non un messaggio spiritoso o complicato, ma semplice, chiaro: nessun profeta, nel mentre della sua predicazione, ebbe mai l’intenzione d’impressionare l’uditorio. L’uomo spiritoso dice spiritosaggini per far pompa del suo spirito: Cristo e i profeti dicono cose semplici per accreditare la loro sapienza. Ecco, dunque, la loro premura, che è sempre la stessa: quella che il popolo non si perda l’appuntamento con la bellezza, che non gli sfugga l’aggancio con la salvezza. C’è un Dio-in-arrivo, e il Battista ne sente i passi, ne scruta l’avvicinamento, ne fiuta quasi il respiro. Per questo al popolo non deve più bastare sentirsi dire che Dio-è-amore, hanno l’occasione di vedere l’Amore indaffarato, all’opera: «Tiene in mano la pala, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Tutti possono vedere l’amato, ma solo chi è più intimo potrà un giorno toccarlo. Addirittura masticarlo – «Prendete e mangiate. Questo è il mio corpo» – come il più umile amante, come il più inumano tra gli amori. La salvezza poggia su dei calcoli strambi: non misura la vita dal numero di respiri che l’uomo fa, ma dal numero degli attimi che tolgono all’uomo il respiro. Compito del Battista fu quello d’intonare la voce dell’attesa, di accordare i cuori a Cristo, di preparare il tutto perché la liturgia iniziasse: per poi farsi da parte e lasciare la strada, fare-strada, all’Amico. Domani, come pegno dell’amore che gli arde in petto, cederà la testa alla lussuria di Erode: troppo complicato, come uomo, per comprendere l’umile grandezza di quella voce sciupata dal vento. Fu proprio la voce, però, la vera ascia da guerra del Battista, lo strumento col quale tentò di purificare il mondo dalla banalità delle piccole attese: è solo rimanendo piccoli che un giorno si riusciranno a scoprire le cose grandi. Tutto il resto sono sprazzi d’eternità che sfuggono a causa dell’amor-proprio: a voler essere troppo grandi, certi giorni capita di non accorgersi neppure di Dio. Dannazione

1 dicembre 2022, parrocchiadiprestino