La Parola della Domenica 14 agosto
O Dio, che nella croce del tuo Figlio riveli i segreti dei cuori, donaci occhi puri, perché, tenendo lo sguardo fisso su Gesù, corriamo con perseveranza incontro a lui, nostra salvezza.
Dal libro del profeta Geremìa In quei giorni, i capi dissero al re: «Si metta a morte Geremìa, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». Essi allora presero Geremìa e lo gettarono nella cisterna di Malchìa, un figlio del re, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremìa con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremìa affondò nel fango. Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: «O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremìa, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane nella città». Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Mèlec, l’Etiope: «Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremìa dalla cisterna prima che muoia».
Dalla lettera agli Ebrei Fratelli, anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato.
Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra. Tutti abbiamo conosciuto uomini e donne appassionati del Vangelo, e li abbiamo visti passare fra noi come una fiaccola accesa. «La verità è ciò che arde», occhi e mani che ardono, che hanno luce e trasmettono calore. Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. Lui che ha chiesto di amare i nemici, che ha dato il nome di “divisore”, diavolo, al peggior nemico dell’uomo, che ha pregato fino all’ultima sera per l’unità, qui si contraddice. E capisco allora che, sotto la superficie delle parole, devo cercare ancora. Gesù stesso, tenero come un innamorato e coraggioso come un eroe, è stato con tutta la sua vita segno di contraddizione. Il suo Vangelo è venuto come una sconvolgente liberazione: per le donne sottomesse e schiacciate dal maschilismo; per i bambini, proprietà dei genitori; per gli schiavi in balia dei padroni; per i lebbrosi, i ciechi, i poveri. Si è messo dalla loro parte, li chiama al suo banchetto, fa di un bambino il modello di tutti e dei poveri i principi del suo regno, sceglie sempre l’umano contro il disumano. La sua predicazione non metteva in pace la coscienza, ma la risvegliava dalle false paci! Paci apparenti, rotte da un modo più vero di intendere la vita. La scelta di chi si dona, di chi perdona, di chi non si attacca al denaro, di chi non vuole dominare ma servire gli altri, di chi non vuole vendicarsi diventa precisamente divisione, guerra, urto inevitabile con chi pensa a vendicarsi, salire, dominare, con chi pensa che è vita solo quella di colui che vince. Sciascia si augurava: «Io mi aspetto che i cristiani qualche volta accarezzino il mondo in contropelo». Ritti, controcorrente, senza accodarsi ai potenti di turno o al pensiero dominante. Che riscoprano e vivano la “beatitudine degli oppositori”, di chi si oppone a tutto ciò che fa male alla storia e al cuore dei figli di Dio. Gesù nel Vangelo di Tommaso afferma: «Stare vicino a me è stare vicino al fuoco». Siamo discepoli di un Vangelo che brucia, brucia dentro, ci infiamma qualche volta almeno, oppure abbiamo una fede che rischia di essere solo un tranquillante, una fede sonnifero? Il Vangelo non è un bavaglio, ma un megafono. Ti fa voce di chi non ha voce, sei il giusto che lotta in mezzo alle ingiustizie, mai passivo e arreso, mai senza fuoco. Quanto vorrei che questo fuoco fosse già acceso. Eppure arde! C’è dentro le cose il seme incandescente di un mondo nuovo. C’è una goccia di fuoco anche in me, una lingua di fuoco sopra ognuno di noi a Pentecoste, c’è lo Spirito santo che accende i suoi roveti all’angolo di ogni stradaDALLA LETTERA APOSTOLICA DESIDERIO DESIDERAVI SULLA FORMAZIONE LITURGICA DEL POPOLO DI DIO La Liturgia: luogo dell’incontro con Cristo 10. Qui sta tutta la potente bellezza della Liturgia. Se la Risurrezione fosse per noi un concetto, un’idea, un pensiero; se il Risorto fosse per noi il ricordo del ricordo di altri, per quanto autorevoli come gli Apostoli, se non venisse data anche a noi la possibilità di un incontro vero con Lui, sarebbe come dichiarare esaurita la novità del Verbo fatto carne. Invece, l’incarnazione oltre ad essere l’unico evento nuovo che la storia conosca, è anche il metodo che la Santissima Trinità ha scelto per aprire a noi la via della comunione. La fede cristiana o è incontro con Lui vivo o non è. 11. La Liturgia ci garantisce la possibilità di tale incontro. A noi non serve un vago ricordo dell’ultima Cena: noi abbiamo bisogno di essere presenti a quella Cena, di poter ascoltare la sua voce, mangiare il suo Corpo e bere il suo Sangue: abbiamo bisogno di Lui. Nell’Eucaristia e in tutti i sacramenti ci viene garantita la possibilità di incontrare il Signore Gesù e di essere raggiunti dalla potenza della sua Pasqua. La potenza salvifica del sacrificio di Gesù, di ogni sua parola, di ogni suo gesto, sguardo, sentimento ci raggiunge nella celebrazione dei sacramenti. Io sono Nicodemo e la Samaritana, l’indemoniato di Cafarnao e il paralitico in casa di Pietro, la peccatrice perdonata e l’emorroissa, la figlia di Giairo e il cieco di Gerico, Zaccheo e Lazzaro, il ladrone e Pietro perdonati. Il Signore Gesù che immolato sulla croce, più non muore, e con i segni della passione vive immortale continua a perdonarci, a guarirci, a salvarci con la potenza dei sacramenti. È il modo concreto, per via di incarnazione, con il quale ci ama; è il modo con il quale sazia quella sete di noi che ha dichiarato sulla croce (Gv 19,28). 12. Il nostro primo incontro con la sua Pasqua è l’evento che segna la vita di tutti noi credenti in Cristo: il nostro battesimo. Non è un’adesione mentale al suo pensiero o la sottoscrizione di un codice di comportamento da Lui imposto: è l’immergersi nella sua passione, morte, risurrezione e ascensione. Non un gesto magico: la magia è l’opposto della logica dei sacramenti perché pretende di avere un potere su Dio e per questa ragione viene dal tentatore. In perfetta continuità con l’incarnazione, ci viene data la possibilità, in forza della presenza e dell’azione dello Spirito, di morire e risorgere in Cristo. 13. Il modo in cui accade è commovente. La preghiera di benedizione dell’acqua battesimale ci rivela che Dio ha creato l’acqua proprio in vista del battesimo. Vuol dire che mentre Dio creava l’acqua pensava al battesimo di ciascuno di noi e questo pensiero lo ha accompagnato nel suo agire lungo la storia della salvezza ogni volta che, con preciso disegno, ha voluto servirsi dell’acqua. È come se, dopo averla creata, avesse voluto perfezionarla per arrivare ad essere l’acqua del battesimo. E così l’ha voluta riempire del movimento del suo Spirito che vi aleggiava sopra (cfr. Gen 1,2) perché contenesse in germe la forza di santificare; l’ha usata per rigenerare l’umanità nel diluvio (cfr. Gen 6,1-9,29); l’ha dominata separandola per aprire una strada di liberazione nel Mar Rosso (cfr. Es 14); l’ha consacrata nel Giordano immergendovi la carne del Verbo intrisa di Spirito (cfr. Mt 3,13-17; Mc 1,9-11; Lc 3,21-22). Infine, l’ha mescolata con il sangue del suo Figlio, dono dello Spirito inseparabilmente unito al dono della vita e della morte dell’Agnello immolato per noi, e dal costato trafitto l’ha effusa su di noi (Gv 19,34). È in quest’acqua che siamo stati immersi perché per la sua potenza potessimo essere innestati nel Corpo di Cristo e con Lui risorgere alla vita immortale (cfr. Rm 6,1-11). La Chiesa: sacramento del Corpo di Cristo 14. Come il Concilio Vaticano II ci ha ricordato citando la Scrittura, i Padri e la Liturgia – le colonne della vera Tradizione – dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa. Il parallelo tra il primo e il nuovo Adamo è sorprendente: come dal costato del primo Adamo, dopo aver fatto scendere su di Lui un torpore, Dio trasse Eva, così dal costato del nuovo Adamo, addormentato nel sonno della morte, nasce la nuova Eva, la Chiesa. Lo stupore è per le parole che possiamo pensare che il nuovo Adamo faccia sue guardando la Chiesa: “Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne” (Gen 2,23). Per aver creduto alla Parola ed essere scesi nell’acqua del battesimo, noi siamo diventati osso dalle sue ossa, carne dalla sua carne. 15. Senza questa incorporazione non vi è alcuna possibilità di vivere la pienezza del culto a Dio. Infatti, uno solo è l’atto di culto perfetto e gradito al Padre, l’obbedienza del Figlio la cui misura è la sua morte in croce. L’unica possibilità per poter partecipare alla sua offerta è quella di diventare figli nel Figlio. È questo il dono che abbiamo ricevuto. Il soggetto che agisce nella Liturgia è sempre e solo Cristo-Chiesa, il Corpo mistico di Cristo.