La Parola della Domenica 5 dicembre

La Parola della Domenica 5 dicembre

O Dio, grande nell’amore, che conduci gli umili alla luce gloriosa del tuo regno, donaci di raddrizzare i sentieri e di appianare la via per accogliere con fede la venuta del nostro Salvatore, Gesù Cristo tuo Figlio

Dal libro del profeta Baruc Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio,metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre: «Pace di giustizia» e «Gloria di pietà».Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconducein trionfo come sopra un trono regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioiaalla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui.
Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési Fratelli, sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell’ amore di Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.
Dal Vangelo secondo Luca Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore,raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno dirittee quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».Da un luogo senza nome il racconto si lancia fino al cuore dell’impero romano. Il Vangelo attraversa le frontiere politiche, sociali, etniche, religiose, per introdurre Gesù, l’uomo senza frontiere, l’asse attorno al quale ruotano i secoli e i millenni, mendicanti e imperatori. Traccia la mappa del potere politico e religioso, e poi, improvvisamente, introduce il dirottamento: nell’anno 15° dell’impero di Tiberio Cesare, la parola di Dio venne… su chi? Sull’imperatore? Su un piccolo re? …. su di un giovane, un asceta senza tetto, che viveva mangiando il nulla che il deserto gli offriva: insetti e miele faticoso. La Parola di Dio vola via dal tempio, lontano dalle stanze del potere, e raggiunge un povero nel deserto, amico del vento senza ostacoli, del silenzio vigile, dove ogni sussurro raggiunge il cuore. La parola discese a volo d’aquila sopra Giovanni. La nuova capitale del mondo è un luogo senza nome, nelle steppe di Giuda. Là dove l’uomo non può neppure vivere, lì scende la parola che fa vivere. E percorreva tutta la regione del Giordano. Portava un annuncio, anzi era portato da un annuncio: Raddrizzate, appianate, colmate… C’è del lavoro da fare, un lavoro enorme: spianare e colmare, per diventare semplici e diritti e senza barriere. Quel giovane profeta un po’ selvatico dipinge un paesaggio aspro, che ha i tratti duri e violenti della nostra storia, irta di barriere e burroni, dove ogni violenza apre un baratro da colmare, tronca strade, non permette il cammino degli uni verso gli altri e, insieme, verso Dio. E le strade su cui Dio sceglie di venire sono sempre le nostre strade… L’ultima riga del Vangelo è bellissima: ogni uomo vedrà la salvezza. Dio vuole tutti salvi, e in qualche modo misterioso raggiungerà tutti, e non si fermerà davanti a burroni o montagne, né davanti alla tortuosità del mio passato o ai cocci della mia vita. Ogni uomo vedrà la salvezza: «ogni uomo che fa esperienza dell’amore, viene in contatto con il Mistero di Cristo in un modo che noi non conosciamo». Ogni persona, di ogni razza e religione, di ogni epoca, sotto ogni cielo, che fa esperienza dell’amore, sfiora e tocca il Mistero di Dio. È da brividi la bellezza e la potenza di questa parola. Tu sei in contatto con il mistero, se ami. Ognuno di noi, se ama, confina con Dio ed entra nel pulsare stesso, profondo, potente e generativo, della vita di Dio.
IL PAPA A CIPRO (intervista p. Pizzaballa): «A Cipro c’è, in piccolo, un po’ tutto quello che caratterizza la diocesi di Gerusalemme: una Chiesa che sconta divisioni territoriali, politiche e anche religiose, conflitti, migrazioni, e soprattutto il suo essere minoranza; ma una minoranza che sa, e vuole, essere sale per la sua terra, nello spirito di Fratelli tutti.  Al confine tra Asia ed Europa, Cipro coagula tante criticità: non solo la divisione territoriale che permane ormai dal 1974, e la più recente ondata di immigrazioni, ma anche l’essere punto sensibile delle problematiche relative agli approvvigionamenti energetici, e da ultimo la vicinanza geografica alla disastrosa situazione del Libano.  Purtroppo anche l’esistenza di un muro di divisione accomuna Cipro a Gerusalemme. Una Chiesa, dicevamo, piccola minoranza, ma che vede comunque le sue chiese strapiene, al 90% di immigrati, che provengono dalle Filippine, dal sud est asiatico, ma anche dal Medio Oriente, dall’Africa e dall’America latina.  Quindi possiamo dire che da tutti questi punti di vista Cipro ha tutte le caratteristiche proprie della diocesi di Gerusalemme, ma è anche, al tempo stesso, una finestra aperta sull’Occidente. Cipro aderisce all’Unione europea e, pur nella divisione territoriale, anche i turco-ciprioti sono considerati cittadini europei».  Insomma una situazione complessa; sono proprio le situazioni complesse quelle che Papa Francesco sembra preferire nella scelta dei suoi viaggi.
… ci sono anche degli aspetti estremamente positivi, che vanno valorizzati. Per esempio il rapporto con le Chiese ortodosse è un rapporto molto buono. Credo sia l’unico posto al mondo dove gli ortodossi mettono le loro chiese a disposizione dei cattolici latini per lo svolgimento delle nostre liturgie.  Questo avviene ad esempio nella chiesa di Paphos, inserita nel parco archeologico dove si trova, secondo la tradizione, la colonna su cui fu flagellato Saulo di Tarso per ordine del governatore romano Sergio Paolo, poi convertitosi al cristianesimo. Non c’è quella concorrenza, quella gelosia, che si può riscontrare altrove nei rapporti tra le confessioni cristiane. Le tre parrocchie guidate dai miei confratelli francescani svolgono un grande lavoro, soprattutto sul fronte della carità. Anche i rapporti con le istituzioni statali sono molto buoni.  Perciò dal punto di vista ecclesiale si può considerare quello di Cipro come un piccolo laboratorio, nel senso che hanno le medesime modalità e criticità che abbiamo a Gerusalemme, ma possono affrontarle con uno spirito diverso, più positivo, meno drammatico, meno teso.
E le relazioni col mondo islamico? Direi che sono buone relazioni. Questo anche perché, a differenza dei fratelli greco-ortodossi, noi cattolici latini non siamo percepiti come parte del sistema politico istituzionale. Nella parte turca c’è qualche complicazione in più. Lì abbiamo una sola chiesa aperta al culto, frequentata soprattutto da immigrati africani. Cosa si attende da questa visita?  … una situazione complessa e anche qui con una Chiesa che è piccola minoranza.  Come è stato nello storico viaggio in Iraq, Papa Francesco saprà levare con creatività la sua voce verso tutti gli uomini di buona volontà, indifferentemente dalle loro appartenenze, nel senso dell’accoglienza, della pace, dell’abbraccio fraterno. Papa Francesco ci indica che questa è la strada attraverso cui la Chiesa, anche quando sembra contare poco, sa essere profezia in questo terzo millennio.

3 dicembre 2021, parrocchiadiprestino