La Parola della Domenica 10 ottobre

La Parola della Domenica 10 ottobre

O Dio, nostro Padre, che conosci i sentimenti e i pensieri del cuore,
donaci di amare sopra ogni cosa Gesù Cristo, tuo Figlio,
perché, valutando con sapienza i beni di questo mondo, diventiamo liberi e poveri per il tuo regno.

Dal libro della Sapienza Pregai e mi fu elargita la prudenza,
implorai e venne in me lo spirito di sapienza.
La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento. L’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni;
nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.

Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.

 

Dalla lettera agli Ebrei La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto

Dal Vangelo secondo Marco In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessunoche abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
Gesù è sulla strada, il luogo che più amava: la strada, che è di tutti, collega i lontani, è libera e aperta, una breccia nelle mura, ama gli orizzonti. Ed ecco un tale, uno senza nome ma ricco (la sua identità rubata dal denaro) gli corre incontro. Corre, come uno che ha fretta, fretta di vivere, di vivere davvero. L’uomo senza nome sta per affrontare un grande rischio: interroga Gesù per sapere la verità su se stesso. «Maestro buono, è vita o no la mia? Cosa devo fare per essere vivo davvero?». Domanda eterna. Universale. Gesù risponde elencando cinque comandamenti e un precetto. «Maestro, tutto questo io l’ho già fatto, da sempre. Eppure…. Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò. Lo amò per quel “eppure”, che racconta fame e sete d’altro: osservare la legge non ha riempito la vita. Gesù lo fissa. Quell’uomo fa una esperienza da brividi, sente su di sé lo sguardo di Gesù, incrocia i suoi occhi amanti, può naufragarvi dentro. E se io dovessi continuare il racconto direi: adesso gli va dietro, adesso è preso dall’incantamento, dal fascino del Signore, non resiste… Invece la conclusione cammina nella direzione che non ti aspetti: «Una cosa ti manca, va’, vendi, dona ai poveri…». Dona. Sarai felice se farai felice qualcuno. Tu non sei ciò che hai, ma ciò che dai. Dare: verbo pauroso. Noi vogliamo prendere, trattenere, accumulare. Dare ai poveri… Nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con il verbo dare. Ma l’uomo ricco se ne va triste. Noi tutti abbiamo due vite in guerra tra loro: una è fatta di cose e di quotidiano e la seconda si nutre di richiami e appelli, di vocazione e sogno. L’uomo ricco cammina triste: hanno vinto le cose e il denaro; non seguirà più la vita come appello, ma solo la vita come esistenza ordinaria, ostaggio delle cose. Per tre volte oggi si dice che Gesù “guardò”: con amore, con preoccupazione, con incoraggiamento. La fede altro non è che la mia risposta al corteggiamento di Dio, un’avventura che nasce da un incontro, quando Dio entra in te e io gli do tempo e cuore. Ecco allora una delle parole più belle di Gesù: tutto è possibile presso Dio. Egli è capace di far passare un cammello per la cruna di un ago. Dio ha la passione dell’impossibile. Dieci cammelli passeranno. Don Milani sul letto di morte lo ha capito: adesso finalmente vedo il cammello passare per la cruna dell’ago. Era lui, il cammello, lui di famiglia ricca e potente, che passava per la cruna della piccolezza. Signore, ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, cosa avremo in cambio? Avrai in cambio cento fratelli e un cuore moltiplicato.«Con gli occhi nel sole a ogni alba io so che rinunciare per te è uguale a fiorire» (M. Marcolini).

Ripensare il mondo uscito dalla pandemia e farlo insieme, come fratelli e sorelle, indipendentemente dal proprio credo. È questo il pensiero comune degli esponenti delle grandi religioni, riuniti a Roma per la cerimonia di apertura di “Popoli fratelli, terra futura. Religione e culture in dialogo”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio culminato con il messaggio di pace di Papa Francesco e degli altri leader religiosi. un cammino comune che è uno dei grandi fatti storici del nostro tempo. “Ascoltare l’invocazione di pace e di bene e farsene portavoce davanti a Dio agli uomini e alle donne del nostro tempo”, questa è la sfida del mondo post-pandemico.

“Il mondo di prima non c’è più e abbiamo nelle nostre mani la possibilità di costruire un nuovo inizio, che non potrà che essere insieme”, ha ribadito con forza Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, ma questo non può prescindere dal riconoscere di appartenere all’unica famiglia umana. Conoscenza, comprensione e rispetto reciproco i tre pilastri per costruire il mondo del domani, non per omologarsi, ma per capire le specificità l’uno dell’altro.

“Avremo bisogno di immaginazione, di leadership e di coraggio per difendere ciò che è giusto”, ha spiegato invece l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, primate della Comunione anglicana, secondo cui gli effetti della pandemia dureranno decenni. Gli idoli del nostro tempo – salute, scienza, prosperità o “qualsiasi altra distrazione che cadiamo nell’errore di credere onnipotente”- sono stati rovesciati e si sono rivelati senza potere. Siamo tuttavia “una generazione benedetta, perché abbiamo la possibilità di creare un nuovo mondo giusto”, cercando di superare le disuguaglianze che sono state rese più visibili dalla pandemia, e affrontando nemici comuni come il cambiamento climatico. O sfide come quelle delle migrazioni e in questo senso, il ministro dell’Interno italiano Luciana Lamorgese ha ricordato l’esperienza dei corridoi umanitari, “una degli migliori pratiche a livello mondiale nel vasto campo dell’immigrazione e dell’integrazione”.

Dolore e tristezza per quanto accaduto a milioni di persone a causa della pandemia, sono invece i sentimenti di Mohamed Al-Duwaini, vicario del grande imam di Al-Azhar. Nelle sue parole anche speranza e ottimismo per questo incontro, “il cui significato  – afferma – va compreso e messo in pratica, e cioè che le persone provengono da un’unica origine e sono accomunate da ciò che rende la vita migliore e più bella per tutti”. Una “nobile ricerca della fratellanza umana”, ha ricordato Sheikh Nahyan bin Mubarak Al Nahyan ministro della tolleranza e della convivenza religiosa degli Emirati Arabi Uniti, che era nelle menti di Papa Francesco e del grande imam di Al-Azhar, quando hanno firmato la Dichiarazione di Abu Dhabi sulla Fratellanza umana nel 2019 proprio per contribuire insieme a “una società globale in cui tutti vivano e lavorino come fratelli e sorelle, in armonia, pace e buona volontà”.

“Mentre usciamo lentamente dai nostri nascondigli su “Zoom”, dai nostri bunker e dal culto dell’io, e torniamo alla vita pubblica e comunitaria”, ha sottolineato invece il rabbino Pinchas Goldschmidt, presidente della Conferenza dei rabbini europea: “dovremmo coltivare la nostra interdipendenza e comunanza umana”. “Il nuovo mondo che si sta sviluppando dopo questa pandemia”, ha concluso, “dovrebbe imparare da Caino e Abele, i primi due fratelli, che la nostra relazione con Dio non può essere solo individuale ed esclusiva, ma deve includere i nostri simili, uomini e donne”.

 

7 ottobre 2021, parrocchiadiprestino