La Parola della Domenica 5 settembre

La Parola della Domenica 5 settembre

O Padre, che scegli i piccoli e i poveri per farli ricchi nella fede ed eredi del tuo regno, dona coraggio agli smarriti di cuore, perché conoscano il tuo amore e cantino con noi le meraviglie che tu hai compiuto.

Dal libro del profeta Isaìa Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua.

Loda il Signore, anima mia.

 

Dalla lettera di san Giacomo apostolo Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?

Dal Vangelo secondo Marco In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Portarono a Gesù un sordomuto. Un uomo prigioniero del silenzio, una vita senza parole e senza musica, ma che non ha fatto naufragio, perché accolta dentro un cerchio di amici che si prendono cura di lui: e lo condussero da Gesù. La guarigione inizia quando qualcuno mette mano all’arte dell’accompagnamento. E lo pregarono di imporgli la mano. Ma Gesù fa molto di più, non gli basta imporre le mani in un gesto ieratico, vuole mostrare l’eccedenza e la vicinanza di Dio: lo prese in disparte, lontano dalla folla: «Io e te soli, ora conti solo tu e, per questo tempo, niente è più importante di te». Li immagino occhi negli occhi, e Gesù che prende quel volto fra le sue mani. Seguono gesti molto corporei e delicati: Gesù pose le dita sugli orecchi del sordo. Le dita: come lo scultore che modella delicatamente la creta che ha plasmato. Come una carezza. Non ci sono parole, solo la tenerezza dei gesti. Poi con la saliva toccò la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti do qualcosa di mio, qualcosa che sta nella bocca dell’uomo, insieme al respiro e alla parola, simboli della vita. Vangelo di contatti, di odori, di sapori. Il contatto fisico non dispiaceva a Gesù, anzi. E i corpi diventano luogo santo d’incontro con il Signore, laboratorio del Regno. La salvezza non è estranea ai corpi, passa attraverso di essi, che non sono strade delmale ma «scorciatoie divine» (J.P.Sonnet). Guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro. Un sospiro non è un grido che esprime potenza, non è un singhiozzo, ma il respiro della speranza, calma e umile, il sospiro del prigioniero, e Gesù è anche lui prigioniero con quell’uomo. E gli disse: Effatà, apriti! In aramaico, nel dialetto di casa, nella lingua della madre, ripartendo dalle radici: apriti, come si apre una porta all’ospite, una finestra al sole, le braccia all’amore. Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite, attraverso le quali vita esce e vita entra. Se apri la tua porta, la vita viene. Una vita guarita è quella che si apre agli altri: e subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Prima gli orecchi. Perché il primo servizio da rendere a Dio e all’uomo è sempre l’ascolto. Se non sai ascoltare, perdi la parola, diventi muto o parli senza toccare il cuore di nessuno. Forse l’afasia della chiesa dipende oggi dal fatto che non sappiamo più ascoltare, Dio e l’uomo. Dettaglio eloquente: sa parlare solo chi sa ascoltare. Dono da chiedere instancabilmente, per il sordomuto che è in noi: donaci, Signore, un cuore che ascolta. Allora nasceranno pensieri e parole che sanno di cielo.
Alludienza generale, Papa Francesco ricorda il tradizionale momento ecumenico che ogni anno esorta a rinnovare la relazione con Dio e tutto ciò che ci circonda. Insieme con i fratelli e le sorelle di diverse confessioni cristiane, preghiamo e operiamo per la nostra casa comune, in questi tempi di grave crisi planetaria. All’udienza generale era presente una delegazione di un centinaio di persone del Movimento Laudato si’, proprio per celebrare l’inizio del Tempo del Creato, il cui simbolo è la Tenda di Abramo, intesa a rappresentare l’impegno a salvaguardare un posto per tutti coloro che condividono la casa comune. Un bambino ha donato al Papa una riproduzione in miniatura della Tenda di Abramo, in un formato simbolico di 50 cm di altezza. È stata realizzata con materiali di riciclo da una ventina di donne della comunità arbëreshë di Civita, in Calabria, assieme a un gruppo di richiedenti asilo, perlopiù africane. Con un richiamo ad Abramo e al Libro della Genesi, l’invito del Movimento Laudato si’ in queste settimane è infatti quello di porre una tenda nei giardini come segno di ospitalità per gli esclusi, pregando con e per i più vulnerabili di ciascuna comunità, nel segno di un impegno a creare una casa per tutti.

Tra i presenti in Aula Paolo VI, c’era anche Daniela Manna:in provincia di Cosenza, si occupa di laboratori di riciclo creativo per giovani e disabili, incontri tematici su ambiente, salute e persone vulnerabili, lotta al randagismo. Restituire accoglienza: nella comunità di Civita, Daniela ci tiene a precisare “si fa semplicemente accoglienza”: “noi arbëreshësiamo arrivati in Italia alla fine del 1400, eravamo un popolo che scappava: siamo stati accolti e adesso restituiamo questa accoglienza, non solo nei confronti dei tanti turisti che vengono in Calabria ma anche di migranti, persone fragili, siamo insomma molto attivi sul sociale”. Le donne che hanno collaborato a realizzare, nel giro appena di una settimana, la tenda donata al Papa sono quasi tutte richiedenti asilo ospitate nel Centro. “Noi le aiutiamo nel loro percorso quotidiano, se hanno difficoltà siamo al loro fianco, qualsiasi domanda loro ci pongano noi cerchiamo di rispondere”, dal passaggio in macchina al problema di salute. “Quello della Calabria è una terra bellissima dal punto di vista naturalistico”: di fronte ai pericoli dello sfruttamento, osserva, “cerchiamo di mantenerla il più naturale possibile, promuovendo il riciclo, la raccolta differenziata per l’immondizia” e “ci impegniamo ad educare i bambini, sono loro la generazione futura che può davvero fare di più”.

A SAN GIUSEPPE Salve, custode del Redentore, e sposo della Vergine Maria. A te Dio affidò il suo Figlio; in te Maria ripose la sua fiducia; con te Cristo diventò uomo. O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per noi, e guidaci nel cammino della vita. Ottienicigrazia, misericordia e coraggio, e difendici da ogni male. Amen.  

2 settembre 2021, parrocchiadiprestino