La Parola Della Domenica 4 ottobre

La Parola Della Domenica 4 ottobre

Dal libro del profeta Isaìa Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vignasopra un fertile colle. Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torree scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi?Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna:toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. La renderò un deserto,
non sarà potata né vangata
e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.

Rit: La vigna del Signore è la casa d’Israele.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!

Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti»

Ancora – come domenica scorsa – il tema della vigna e di chi è chiamato a curarla, è al centro della Parola di Dio di questa domenica. Anzitutto è Isaia che, nell’ottavo secolo avanti Cristo paragona il progetto di salvezza di Dio a una vigna; con una sottolineatura importante: la vigna del Signore è il suo popolo “diletto”, il popolo ebraico al quale egli dedica il suo “cantico d’amore”. Dio lo ha amato questo popolo, continua ad amarlo, ma il suo amore non è corrisposto: anziché uva, la vigna produce “acini acerbi”. Dio perciò dovrà rinunciare a coltivarla. Ma in che consistono questi “acini acerbi”? Anziché giustizia ha prodotto “spargimento di sangue”, anziché rettitudine, ecco “grida di oppressi”. L’amore di Dio per il suo antico popolo è stato tradito dall’ingiustizia e dall’oppressione dei poveri. Anche il salmo parla della vigna, popolo di Dio, piantato dal Signore, ma devastato; e invoca il Signore perché torni a visitarla e a proteggerla. La risposta a questo appello sta nel brano di Matteo, nella parabola dei vignaioli omicidi che fa una sintesi della storia passata del popolo di Israele, annunciando poi profeticamente quanto sta per accadere.La storia precedente racconta della vigna che è il progetto di salvezza affidato al popolo d’Israele: Dio aspettava come pagamento di “affitto” frutti di bene e di giustizia; per questo aveva mandato i profeti; ma questi erano stati bastonati, uccisi, lapidati. La parabola passa poi a parlare del presente e del futuro: Dio ha mandato il suo figlio, Gesù, ma – ecco l’annuncio profetico che si compirà pochi giorni dopo – il popolo d’Israele lo getta fuori dalla vigna e lo uccide. Per questo Dio toglierà la sua vigna, “il regno di Dio”, a quel popolo che non ha dato i frutti sperati, e l’affiderà a un popolo nuovo, la Chiesa, che “ne produca i frutti”.

A questo punto, all’immagine della vigna Gesù sostituisce quella della “pietra” sulla quale si deve fondare il regno di Dio: una pietra scartata dal popolo antico, ma che ora è diventata “pietra d’angolo”, fondamento del regno di Dio: questa pietra è lui stesso, Gesù. L’insegnamento è molto importante. Anzitutto: la storia della salvezza è storia dell’amore di Dio per il suo popolo, amore di Dio che vuole il bene dei suoi figli, che sono la sua vigna, che lui coltiva con amore, attendendo una risposta di amore a Dio che dia frutti di giustizia anche per i figli di Dio, specialmente per i poveri. Questo popolo di Dio è la Chiesa, il popolo dei cristiani, chiamati a realizzare il progetto di salvezza di Dio con amore e fedeltà. Tutto questo ha il suo fondamento, la sua “pietra d’angolo”, in Gesù. Lui è la pietra scartata dagli antichi costruttori, sulla quale unicamente si fonda il regno di Dio. La salvezza per il mondo, per ogni uomo, per l’intera umanità sta nel fondarsi su di Lui.

Dal Messaggio per giornata migrante: È necessario farsi prossimo per servire. Sembra scontato, ma spesso non lo è. « un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino si prese cura di lui». Le paure e i pregiudizi – tanti pregiudizi – ci fanno mantenere le distanze dagli altri e spesso ci impediscono di “farci prossimi” a loro e di servirli con amore. Avvicinarsi al prossimo spesso significa essere disposti a correre dei rischi, come ci hanno insegnato tanti dottori e infermieri negli ultimi mesi. Questo stare vicini per servire va oltre il puro senso del dovere; l’esempio più grande ce lo ha lasciato Gesù quando ha lavato i piedi dei suoi discepoli: si è spogliato, si è inginocchiato e si è sporcato le mani Per riconciliarsi bisogna ascoltare. Ce lo insegna Dio stesso, che, inviando il suo Figlio nel mondo, ha voluto ascoltare il gemito dell’umanità con orecchi umani: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, […] perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». L’amore, quello che riconcilia e salva, incomincia con l’ascoltare. Nel mondo di oggi si moltiplicano i messaggi, però si sta perdendo l’attitudine ad ascoltare. Ma è solo attraverso un ascolto umile e attento che possiamo arrivare a riconciliarci davvero. Durante il 2020, per settimane il silenzio ha regnato nelle nostre strade. Un silenzio drammatico e inquietante, che però ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del nostro pianeta gravemente malato. E, ascoltando, abbiamo l’opportunità di riconciliarci con il prossimo, con tanti scartati, con noi stessi e con Dio, che mai si stanca di offrirci la sua misericordia. Per crescere è necessario condividere. La prima comunità cristiana ha avuto nella condivisione uno dei suoi elementi fondanti: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune». Dio non ha voluto che le risorse del nostro pianeta fossero a beneficio solo di alcuni. No, questo non l’ha voluto il Signore! Dobbiamo imparare a condividere per crescere insieme, senza lasciare fuori nessuno. La pandemia ci ha ricordato come siamo tutti sulla stessa barca. Ritrovarci ad avere preoccupazioni e timori comuni ci ha dimostrato ancora una volta che nessuno si salva da solo. Per crescere davvero dobbiamo crescere insieme, condividendo quello che abbiamo, come quel ragazzo che offrì a Gesù cinque pani d’orzo e due pesci… E bastarono per cinquemila persone!

2 ottobre 2020, parrocchiadiprestino