La Parola della Domenica 6 settembre

La Parola della Domenica 6 settembre

O Padre, che ascolti quanti si accordano nel chiederti qualunque cosa nel nome del tuo Figlio, donaci un cuore e uno spirito nuovo,
perché ci rendiamo sen
sibili alla sorte di ogni fratello secondo il comandamento dell’amore, compendio di tutta la legge.

Dal libro del profeta Ezechièle Mi fu rivolta questa parola del Signore: «O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato».

SALMO Rit: Ascoltate oggi la voce del Signore.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.

Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Guadagnare è verbo-di-commercio: “Guadagnare mille euro al mese. Con il suo lavoro guadagna fior di quattrini”. Anche un verbo figurato: “A stare zitti, ci si guadagna. A esser gentili, con certa gente non si guadagna proprio nulla”. Da qualunque parte lo si guardi, è verbo d’arricchimento, anche quando è declinato nell’accezione dell’impoverimento: “Facendolo, non ho guadagnato una lira”. In quest’ultima accezione – che pare sminuire il verbo: “Hai perso solo tempo con quell’uomo!” – troneggia il vero profitto dell’economia: il gratis. Che, anche solo per assonanza, rimanda direttamente alla grazia: «Ti saluto, o piena di grazia» (Lc 1,28). Guadagnare, insomma, abita il campo semantico dell’investire: anche quando è mancato, è alla parola “guadagno” che si bussa per raccontare di noi. Il Vangelo è il più splendido trattato-sul-guadagno. Trovate un uomo, la cui destinazione ultima gli stia a tremendamente a cuore, che non si pieghi all’urto di quella frase: «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde o rovina se stesso?» (Lc 9,25). Che non s’innervosisca di fronte all’annunciazione di ciò che pare assurdità: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te». La condizione di partenza, il cuore di tutta la trattativa, è da capogiro: siccome è l’altro a fare qualcosa di storto verso di me – mi viene da dirgli “Convertiti, caro, chiedimi scusa” – allora sono io che devo andare verso di lui per tentare in tutti i modi di raddrizzarlo. Mai, prima dell’avvento di Cristo, si era sentito qualcuno dire che l’offeso dovesse compiere il primo passo nei confronti di chi gli procura l’offesa. Eccola l’inaudita genialata Sua: (Ti ha offeso?) «Va’, ammoniscilo fra te e lui solo». Siccome ti ha offeso lui, fai tu il primo passo-di-cucitura. Sono robe da matti, oppure sono robe-da-Dio, robe da santi.Perché riconoscere un fratello in chi ti offende è sola-grazia: «Se tuo fratello», recita il Vangelo. Non è roba di poco conto quel particolare d’identificazione: siccome scorgo in lui le sembianze del fratello pur cafone, offensivo, farabutto – allora farò di tutto per cercare di non rimanere figlio-unico. Essere-figlio-unico: nessun sogno supera questo, il privilegio di dire che Dio è padre-mio. Siccome, però, quando si bussa alla sua porta occorre professarela parola in codice Padre nostro, allora il mio fratello, pur burbero, me lo devo tener caro. Quando mi offende – e certe offese sono omicidi – ad offenderlo non ci guadagno nulla. A sorprenderlo con una porta-aperta, se mi ascolta, ottengo l’impensabile: «Avrai guadagnato un fratello». “La solita passività cristiana”, dirà qualcuno quando ode quest’apparente assurdità del guadagno. Lo è, visto che solo l’Assurdo ci potrà ormai salvare: a ragionar da uomini, il perdono è debolezza. Che poi mica è scontata la buona-riuscita. Una, due, tre carezze: «Se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano». “Che cosa avete guadagnato, gente? Avete perso tempo e basta con quell’uomo?” Eccolo l’inaudito del Vangelo: a tentativo fallito, siccome ci hai messo tutto l’amore, rimarrà la bellezza d’averci provato. E “provarci”, nel gergo di certe città, è verbo-amante: “Ci hai provato con quella ragazza, con quell’uomo, vero?” Ci si prova anche col fratello che offende: per certi amori vale l’arte del rammendo, cucitura con ago-e-filo. Strappati, sono da recuperare al più presto. Che nessuno dica “è tempo perso”: «Voi sorridete della mia ripetizione, tanto è chiara la cosa. Ma sono appunto le verità chiare che non sono capite» (Primo Mazzolari). Nel peggiore dei casi – «Se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte, morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato» (Ez 33) – a salvarci sarà il tentativo. Certi Vangeli sono da vertigine: non si può leggerli due volte senza rider-dietro a Cristo. Poi, però, penso che Lui non mi svergogna mai sul palcoscenico della storia. E la vertigine raddoppia: temo faccia così perché impari il mestiere.

4 settembre 2020, parrocchiadiprestino